Sono uno che ha sempre camminato tanto

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Sono Giuseppe, ho 46 anni e vivo in Friuli Venezia Giulia. Sono stato sempre in buona salute e in movimento (sono uno che ha sempre camminato tanto), non ho mai fumato e ho fatto sport saltuari come una partita a calcetto o a tennis una volta a settimana. Ma l’anno scorso qualcosa iniziò ad impedirmi di fare tutto ciò. Avvertivo sempre più un senso di stanchezza. Nelle partite di calcetto con gli amici, più volte durante il gioco chiedevo al portiere (ruolo in cui si spendono meno energie), se poteva sostituirmi in mezzo al campo e io prendere il suo posto tra i pali in quanto all’improvviso non riuscivo più a correre, pensavo che quello che mi accadeva fosse dovuto al fatto di non essere allenato, come si dice di solito, di essere a corto di fiato.

Sinceramente mi sentivo imbarazzato in quanto tutti mi conoscevano come uno che in campo correva dal primo all’ultimo minuto di gioco. Addirittura facevo fatica a salire le scale per giungere al primo piano di casa mia. Iniziò a comparirmi una tosse secca e strana durante la notte, sintomo per me piuttosto insolito nel periodo estivo. Alternavo momenti di difficoltà a momenti in cui avevo l’illusione di stare meglio.

Feci una donazione di sangue come solitamente avveniva una o due volte all’anno, pensando che con le analisi del sangue potessero emergere magari le origini di qualche malessere. Ma i risultati furono tutti negativi.

Andai allora dal mio medico curante al quale spiegai la mia situazione di disagio che ormai non mi abbandonava più. Lui, prima mi misurò la pressione arteriosa, risultata normale, poi mi preparò un’impegnativa per prenotare una visita cardiologica non urgente. Io gli chiesi se invece poteva indicare nell’impegnativa la priorità dell’urgenza, ma il mio medico mi disse che non era il caso di allarmarmi. Gli dissi allora che se i tempi di attesa per una visita cardiologica tramite il servizio sanitario nazionale fossero stati lunghi, per fare prima avrei fatto una visita a pagamento, ma il medico mi rassicurò ancora che non era il caso di agitarsi.

Prenotai tramite l’apposito numero verde la visita cardiologica che avrei dovuto fare dopo circa quattro mesi, ma non feci in tempo ad effettuarla. Infatti pochi giorni dopo, le mie condizioni mi convinsero a recarmi al pronto soccorso dell’Ospedale Civile di Udine dove dopo circa due ore di accertamenti mi ricoverarono per un’embolia polmonare acuta e mi dissero che avevo rischiato di grosso, mi sgridarono perché non mi ero recato prima al pronto soccorso anche se io gli spiegai che non mi ero trascurato del tutto, anzi ero andato anche dal mio medico curante!

Dopo un giorno di terapia semi intensiva fui mandato nel reparto di pneumologia. Non hanno individuato i motivi per cui mi è apparsa l’embolia, durante il ricovero ho iniziato subito la terapia anti-coagulante con il Coumadin e l’eparina. Il medico che mi seguiva in reparto il giorno delle dimissioni mi disse che dall’indomani sarei passato nelle mani dei medici del Centro Trasfusionale dell’Ospedale Civile, dove sarei stato seguito oltre che nella terapia anti-coagulante, anche per ulteriori esami che si sarebbero resi necessari.

Ma quel giorno il fato volle che poco prima che mi allontanassi dall’Ospedale, il medico mi richiamò per dirmi che aveva deciso, visto l’alto valore della pressione polmonare, di prenotarmi un ecocardiogramma da effettuarsi a distanza di un mese dalle mie dimissioni e i cui risultati sarebbero stati esaminati dallo stesso reparto di pneumologia. Dal giorno delle dimissioni però, il mio stato di salute non era diventato tanto migliore. Dopo il mese predetto feci l’ecocardiogramma.

Qualche giorno dopo mi recai al reparto di pneumologia dell’Ospedale per chiedere come fosse andato l’esame e il medico che mi seguì durante il ricovero mi disse che, poiché permaneva una pressione polmonare alta, il primario del reparto si era messo in contatto con il Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna, importante centro di riferimento per tale patologia, ove aveva avuto colloquio con la Dott.ssa Manes, la quale gli riferì che se ero disponibile, mi sarei potuto recare presso il Policlinico di Bologna per ulteriori accertamenti tramite un ricovero di alcuni giorni o se diversamente per un preliminare colloquio, in quanto poteva essere necessario effettuare un intervento chirurgico.

Io, senza indugiare, forte dell’esperienza maturata a seguito del ritardo con cui mi ero recato al pronto soccorso, dissi subito che ero disposto a recarmi a Bologna per un ricovero.

Pochi giorni dopo fui contattato dalla segreteria del reparto di IP del Policlinico S. Orsola-Malpighi che mi convocò per un ricovero a metà del mese di dicembre scorso.

Dopo una settimana di accurati esami, il giorno prima di dimettermi ebbi un colloquio con il Prof. Galiè e la Dott.ssa Manes che mi comunicarono, come avevano sospettato, di avermi diagnosticato il Cuore Polmonare Cronico Tromboembolico. Mi dissero che, viste le ostruzioni delle arterie polmonari più che altro a livello distale, sarei stato valutato per l’effettuazione di un eventuale intervento di tromboendoarterectomia e che nel frattempo dovevo continuare la terapia anti-coagulante con il Coumadin, iniziare a prendere il diuretico e il Revatio, quest’ultimo da assumere tre volte al giorno.

Dopo un mese sono tornato a Bologna per la visita di controllo dove i medici sono rimasti contenti di come stava andando la cura che mi avevano prescritto. Nella successiva visita di controllo mostravo dei miglioramenti tanto che la pressione media polmonare scese drasticamente a 35 mmHg.

A dicembre 2013 altro controllo, in cui mi viene comunicato che con la terapia che sto seguendo è avvenuta la disostruzione di parecchio materiale embolico ma che persistono le ostruzioni nelle arterie polmonari a livello distale. Per la mia anatomia e gli aspetti emodinamici sfavorevoli, non è indicato nei miei confronti un intervento di tromboendoarterectomia.

Insomma devo cercare di convivere con la malattia potendo fare solo alcune cose ma non tutto, e chissà che magari qualcosa potrà cambiare nel futuro con l’avvento di nuove tecnologie mediche e/o chirurgiche, nella convinzione comunque che, per una serie di circostanze, mi ritengo fortunato di poter raccontare la mia storia, nella consapevolezza di essere seguito da uno staff medico eccellente come quello del Policlinico S. Orsola-Malpighi e dal contributo notevolissimo che dà l’AIPI. Quando ho conosciuto il Prof. Galiè ho apprezzato subito la sua disponibilità e professionalità, il modo con cui si presenta ai pazienti è un modo sereno che ti dà fiducia, che ti mette a tuo agio.

Ringrazio molto anche la Dott.ssa Manes e il Dott. Palazzini che non hanno mai fatto le visite di controllo con superficialità, rendendosi sempre disponibili a chiarire qualsiasi quesito ed essere sempre presenti anche quando sono stati da me contattati telefonicamente per problemi vari, così come ringrazio anche tutto il personale infermieristico e la segretaria dell’ambulatorio di IP sempre gentile e pronta a rispondere a qualsiasi esigenza.

Ringrazio anche Marzia Predieri che durante il ricovero al Policlinico mi è venuta a trovare e mi ha fatto conoscere l’AIPI, riempiendomi di materiale illustrativo utilissimo, che mi ha consentito di approfondire la conoscenza della malattia e di tutti quei supporti normativi e logistici di cui un paziente può avere bisogno.

Come è stato utile per me leggere le storie degli altri pazienti, spero che anche il mio racconto possa essere di aiuto, con la speranza che un giorno venga trovata una cura che guarisca definitivamente l’Ipertensione Polmonare.

Giuseppe

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