Con questi farmaci ce la farò!

Con questi farmaci ce la farò!

ono calabrese e soffro di sclerodermia.

Il tutto inizia nel 2013. Sono stanca, non mi sento bene, ho sempre affanno, non riesco a fare niente, per non parlare di salire le scale; tutto è fatica per me, anche fare una telefonata o vestirmi. Sono molto preoccupata: anche con l’aspirapolvere è fatica e mi devo fermare spesso a prendere fiato. Cosa sarà? Non capisco.

È il giorno di Natale 2013 e siamo tutti a tavola per il pranzo. Io, come al solito, sto male di un malessere generale, sono confusa, mi gira la testa, respiro affannosamente. Mentre mangio, svengo.

Quando mi riprendo, i miei decidono di portarmi a Bari, dove sono in cura per la sclerodermia.

Al Pronto Soccorso mi controllano, ma non mi ricoverano e alla fine concludono che si tratta di ansia derivante da stress. Io non ci credo molto. Mi prescrivono alcuni farmaci ansiolitici che non risolvono il problema (ovviamente, col senno di poi, dato che questo problema è di origine diversa).

Visto che continuo a stare male come prima, decido di interpellare mio cugino Dott. Arena, cardiologo all’ospedale di Crotone, il quale mi sottopone subito a un ecocardiocolordoppler. Vedo che si sofferma molto a indagare con lo strumento, pur continuandomi a dire di stare tranquilla.

I minuti passano e lo vedo sempre più pensieroso. “Aspetta un momento!” mi dice. A un certo punto chiama un suo collega e insieme esaminano, misurano, si consultano, formulano ipotesi, commentano ed entrambi arrivano a una unica diagnosi: sospetta ipertensione polmonare. La PAPs (pressione arteriosa polmonare sistolica, ndr) è a 45.

Ma cosa è questa IP? “È una malattia rara che interessa la circolazione polmonare. Noi non siamo all’altezza di seguirti, non la conosciamo e tanto meno riusciamo a darti una cura. Quando vai a Bari, porta con te questa documentazione e consultati con loro” mi dicono.

A Bari ipotizzano un ricovero per indagini più approfondite ma, dato che era già stata fatta una diagnosi di IP, preferiscono andare per gradi, prescrivendomi il Tracleer. La situazione non cambia molto, anzi, più che altro tende a peggiorare.

Nel frattempo mia mamma parla con la suocera di un certo Salvatore Lamanna (paziente con IP allora in terapia e successivamente sottoposto a trapianto bi-polmonare a Bologna). Combinazione, arriva a casa mia proprio Salvatore, che comincia a parlarmi del Centro di Eccellenza di Bologna dove lui è in cura. Salvatore, il mio angelo, il mio salvatore di nome e di fatto che non smetterò mai di ringraziare.

Al primo incontro lo vedo con le labbra blu e una macchinetta a tracolla per infusione continua sottocute di un farmaco. Mi traumatizzo e non voglio più sentire parlare della malattia. “Io non metterò mai quella macchinetta. Quella pompa non la voglio.” Rifiuto tutto. Chiusura totale. Salvatore con molta pazienza e molta calma cerca di parlarmene più o meno dettagliatamente. La mia reazione intanto è sempre più di chiusura totale. Allora Salvatore passa dalle parole ai fatti: mi prenota una visita specialistica a Bologna. Mi dice che è uno dei centri migliori al mondo dove i pazienti non sono numeri, ma esseri umani e sono trattati come tali. Per me parla al vento. “Prenota pure quello che vuoi, io continuo ad andare a Bari. Tu puoi parlarmi del Prof. Galiè, dipingermelo come un Dio in terra e dirmi quello che è capitato a te e cercare di convincermi in mille modi”. “A Bologna ti ridaranno la vita, vedrai, sarai contentissima e mi ringrazierai”. “Io vado a Bari. Ogni medico è bravo, che bisogno c’è di andare fino a Bologna?” “Ascoltami, puoi morire, con la salute non si scherza!”, insiste Salvatore. ‘San Salvatore ce la mette proprio tutta e alla fine vincerà lui. Anche mio padre (ora è un angelo in Paradiso) mi esorta ad andare a Bologna e mi minaccia. A quel punto devo proprio arrendermi e salire per la visita prenotata da Salvatore.

“Non preoccuparti, a Bologna faccio tutto io, starai ricoverata qualche giorno, perché devono studiarti tutta”. Salvatore sa esattamente quello che avrei passato nei giorni del ricovero.

In quel periodo il Nord Italia è sepolto da tantissima neve, le strade poco praticabili. I trasporti sono difficoltosi… ma la visita a Bologna è ormai prenotata.

Saliamo in aereo fino a Pisa. Là troviamo Salvatore con la moglie venuti per noi da Borgo Taro, in provincia di Parma, e in auto ci accompagnano a Bologna. Non so se essere contenta o altro. Mi dispiace che loro si siano scomodati per me. A loro devo essere veramente molto riconoscente! Ma io penso solo alla macchinetta. “Non la voglio!” mi ripeto tra me e me.

In autogrill Salvatore si prepara il farmaco; mi parla e le sue parole continuano a tranquillizzarmi. Il tutto mi sembra un sogno. Mi sento un po’ a disagio pensando a quello che mi aspetta, ma stringo i denti e vado avanti.

Il giorno dopo entro in ospedale. Salvatore, con una calma infinita, non smette mai di tranquillizzarmi.

“Ci vediamo domani, perché sarò qua per la visita anche io!” “Va bene, a domani”. Sono spaventata. Poco alla volta comincio a conoscere persone calabresi intorno a me e la situazione inizia lentamente a migliorare. Le infermiere Angela, Fiammetta e Ambra, sono tutte squisitamente gentili e accoglienti.

I medici splendidi, bravissimi. Mi sento come a casa. Ora comincio veramente a sentirmi un po’ più serena.

Iniziano gli esami e alla notizia del cateterismo cardiaco entro in panico e telefono a mio marito, perché salga in aereo. Non sono terrorizzata, di più!

Salvatore intanto mi fa un po’ da cicerone, mi spiega in cosa consiste il cateterismo e soprattutto mi dice che non sentirò nulla e che tutto si risolverà in pochi minuti. E sarà proprio così!

In quell’occasione conosco il Dott. Palazzini e la Dott.ssa Manes, eccezionali. Esco sulle mie gambe e me ne torno nel mio letto. Vedo Salvatore sorridente da dietro la porta. Ho superato anche questo, sono contenta!

Dopo alcuni giorni di ricovero sono pronta alla dimissione e conosco finalmente questo famoso Prof. Galiè, di cui Salvatore mi aveva parlato infinite volte. Aveva ragione! Persona deliziosa, umanissima, incredibile!

Mi chiama in un ambulatorio dove sono presenti altri medici tra cui anche una dottoressa calabrese. Anche lì sono di casa.

“Posso parlare con te?” mi chiede.

“Certo, il problema ce l’ho io!” rispondo.

“Bene, tu hai l’ipertensione polmonare. Ti inserisco in un programma di sperimentazione per nuovi farmaci che fanno proprio al caso tuo. Non devi temere nulla, perché non sei la prima paziente a seguire la sperimentazione”. Io lo lascio parlare.

“Ho capito Prof, ma io torno a casa senza farmaci”.

Lui sbianca in viso, incredulo.

“Ma tu sai a cosa vai incontro? Tu muori! Sei venuta qua viva per miracolo grazie a lui (Salvatore, ndr)! La porta è lì. Te ne puoi andare”.

“Ok Professore, prendo i farmaci”.

“Allora, devi seguire quello che ti diciamo e ce la farai a superare il problema, starai meglio. Vedrai!”

“Che ti hanno detto?” mi chiede Salvatore. “Che con questi farmaci ce la farò”.

“Lui ti ridà la vita!” commenta Salvatore.

Dopo questa sceneggiata ormai tutti mi conoscono, medici e infermieri. Quando telefono mi basta dire “Stefania la calabrese” e inquadrano subito il mio caso. Sono unici! Sono efficientissimi!

Ricordo che, all’inizio, quando dovevo fare il test del cammino (6MWT), me ne inventavo di tutti i colori: arrivavo con i tacchi alti, dicevo che avevo mal di gambe, alle caviglie, che non stavo bene o cose del genere.

Ora, ogni volta che salgo a Bologna per controllo mi sento sempre meglio: scarpe basse, niente tacchi e niente dolore da qualche parte. Inizialmente l’intervallo delle visite era di 3 mesi. Ora salgo ogni 6 mesi.

Durante l’ultimo cateterismo il Dott. Palazzini è rimasto molto contento e in effetti io mi sento molto meglio.

In casa e fuori faccio praticamente tutto, anche se con calma. Mi hanno detto di non stancarmi mai e di fermarmi appena sento le prime avvisaglie della stanchezza.

Sono in cura con Volibris e Adcirca e questa cura per me è perfetta.

Ringrazio di cuore l’équipe medica e infermieristica di Bologna. Ricordo sempre quando il Prof. Galiè mi disse “fidati di me!” Ha avuto ragione. Grazie Prof. Galiè. Ringrazio anche infinitamente mio cugino il Dott. Arena per essere stato il primo a intravedere l’ipertensione polmonare.

Non bisogna prendere questa malattia di petto, bisogna assecondarla e fare quello che ci consente, va trattata con amore, mai tirare troppo la corda, conviene guardare avanti in maniera positiva e fiduciosa. Tutto torna a nostro vantaggio.

Soprattutto se sappiamo di essere in eccellentissime mani. Grazie a tutti veramente di cuore.

di Stefania Arena

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