Lottate sempre e pensate sempre positivo…

Lottate sempre e pensate sempre positivo…

Salve a tutti, mi chiamo Morena e ho 26 anni. La mia storia iniziò nel novembre 2007, quando ho cominciato ad avvertire che c’era qualcosa che non andava: facevo fatica a fare le scale, avevo perso del tutto la voce e mi sentivo continuamente stanca. Così decisi di fare un controllo presso l’ospedale del mio paese. Già da allora il medico sospettò un’Ipertensione Polmonare, confermata poi da altri specialisti. Dopo settimane e mesi passati a girovagare da uno studio medico all’altro, il Dott. Carminati di Milano mi indirizzò presso l’Ospedale S. Orsola-Malpighi di Bologna, assicurandomi che era il miglior centro per la cura della mia patologia. Mi fissò lui stesso l’appuntamento e, una volta a Bologna, il Prof. Galiè, dopo tutti gli accertamenti del caso, confermò la diagnosi: Ipertensione Polmonare Idiopatica.

Mi crollò il mondo addosso, soprattutto perché non avevo mai sentito quelle parole fino a pochi mesi prima. Mi resi conto subito che fortunatamente ero capitata nel posto giusto. Alla fine di gennaio iniziai la terapia, inizialmente solo con Revatio, al quale fu aggiunto il Tracleer. Le cose sembravano andare bene, avendo avuto anche un piccolo miglioramento. Purtroppo però le mie condizioni mi impedivano ancora di fare quello che facevo prima, ma allo stesso tempo mi ero rassegnata e cercavo di adattarmi alla nuova condizione come meglio potevo.

Per circa due anni rimasi stabile, ma nel 2010 ho iniziato ad avvertire di più la fatica: insomma cominciavo nuovamente a peggiorare. Quando andai a Bologna per il solito controllo, i medici mi dissero che avevo bisogno della “pompa” (dispositivo per l’infusione continua del farmaco, ndr). Anche quello fu un altro colpo, avrei preferito qualsiasi cosa, tranne quella maledettissima pompa. Nel dicembre 2010 mi ricoverarono e iniziai la terapia con Remodulin. L’ho odiata quella pompa, sono stati due anni molto duri, chi l’ha sperimentata lo sa. Allo stesso tempo però devo riconoscere che questo farmaco permise alla mia salute di migliorare notevolmente.

Purtroppo, dopo altri due anni, durante una delle tante visite di controllo a Bologna, i medici accertarono che c’era stato un peggioramento, lieve, ma pur sempre un peggioramento. Mi dissero che ormai l’unica alternativa rimasta era il trapianto. Ero felice per quella notizia, perché ormai portare quella pompa era diventato insostenibile, non ne potevo più.

Il 5 novembre 2012 sono stata ricoverata per eseguire lo screening per un trapianto bipolmonare. Il 20 dicembre sono stata messa in lista di attesa. L’attesa, anche se breve, è stata logorante. Non è passato un giorno in cui non abbia pensato a quando mi avrebbero chiamato. Posso quindi ben capire lo stato d’animo di chi è in attesa da mesi o anni.

Siamo arrivati al 3 marzo 2013. Era una domenica e io stavo preparando dei dolci. Squillò il cellulare con numero sconosciuto, risposi, e dall’altra parte del telefono sento: “Sono il Dott. Dell’Amore, chiamo da Bologna. La signora Nicodemo Morena? Ci sarebbe un organo per lei”.

Sono rimasta impietrita, le uniche parole che ricordo di essere riuscita a pronunciare sono state: “Arrivo!”

La mia testa è stata invasa da sensazioni contrastanti, gioia, paura, preoccupazione. Ho messo quattro cose in valigia, non so nemmeno come e ho aspettato l’ambulanza. Verso le ore 18.00 sono arrivata a Bologna. Alle 20.35 ero in sala operatoria. L’intervento è durato tutta la notte, fino alle 9.30 del mattino seguente, lunedì. Mi lasciarono addormentata fino a martedì, quando mi svegliarono per controllare la reazione e alcuni parametri. Mi riaddormentai e mi svegliai definitivamente solo giovedì. La prima cosa che ho fatto è stata quella di guardarmi la pancia e sorridere al pensiero di non avere più quell’aggeggino fastidioso infilato nella pancia. Ho trascorso undici giorni nel reparto di Terapia Intensiva, sono stati giorni duri, ma che oggi sono solo un brutto ricordo. Poi mi hanno trasferito in Cardiochirurgia, e quindi in Cardiologia per la fisioterapia.

Cosa posso dirvi? Nonostante tutta la sfortuna che ho avuto, sono stata fortunatissima perché rimanere in lista solo due mesi e mezzo può solo considerarsi un felice gioco del destino.

Definitivamente tornata a casa, sto e mi sento bene. Faccio le scale di corsa e senza affanno: è la cosa più bella del mondo. Adesso mi aspetta la “nuova vita”, i miei progetti che ho dovuto tenere da parte per cinque lunghi anni, insomma mi aspetta un nuovo mondo.

Permettetemi di fare dei ringraziamenti doverosi. Innanzi tutto la mia famiglia che mi è stata sempre vicino, i miei parenti e i miei amici che non mi hanno mai fatto sentire sola. Ringrazio il Prof. Galiè, la Dott.ssa Manes e il Dott. Palazzini che in questi cinque anni mi hanno curato nel migliore dei modi; le Dott.sse Mazzanti e Conficoni per la loro disponibilità, professionalità e umanità. Ringrazio il Dott. Pastore, il Dott. Dell’Amore e il Dott. Rocca che durante il ricovero non mi hanno abbandonato un minuto. Siete tutti medici straordinari e persone fantastiche. Grazie anche a tutto il personale della Terapia intensiva, Cardiochirurgia e Cardiologia. Un ringraziamento particolare voglio rivolgerlo a una persona che non conosco, ma che se non fosse stato per lui o per lei, io molto probabilmente non sarei qua, grazie davvero con tutto il cuore!

Adesso basta, vi ho annoiato parecchio, ma voglio dire un’altra cosa a chi come me ha conosciuto la malattia e sa cosa vuol dire il dolore: non scoraggiatevi e non arrendetevi mai, lottate sempre e pensate sempre positivo. Lo stato d’animo con cui si affronta una malattia è molto importante e soprattutto non chiudetevi in voi stessi; parlate con qualcuno quando state male, piangete, ma non tenetevi tutto dentro.

Un bacione a tutti.

Morena Nicodemo

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