Ero ormai un caso da Dott. House

Ero ormai un caso da Dott. House

Ciao, sono Barbara, la mia storia è cominciata nel 2008, o almeno penso, ora vi spiego… Il mio più grande sogno era quello di avere un bambino, ma per un motivo o per l’altro dovevamo sempre rimandare. Finalmente nel 2008 ci decidemmo: volevamo realizzare il nostro grande sogno… Rimasi subito incinta, ma le cose non erano come speravo, lo volevo sempre il bambino, ma dentro di me capivo che c’era qualcosa che non andava… Alla settima settimana la batosta, il mio bimbo se n’era andato via! Ero triste e depressa, lì per lì non volevo più saperne di figli non potevo più provare un dolore così grande! Forse era un avviso… Chi lo sa, ma grazie al cielo mi ripresi molto in fretta, il mio desiderio era talmente forte che volli riprovarci praticamente subito, la perdita del primo bimbo tutt’ora mi brucia, ma la voglia di stringere un fagottino fra le braccia era troppo forte! Ad agosto la bella notizia, aspettavo di nuovo una vita, la MIA VITA! Che c’è di più bello di un figlio? Niente… La gravidanza fu stupenda, mai un problema, il bimbo cresceva benissimo, lo sentii da subito che quella era una gravidanza positiva! Solo una cosa era strana, il mio affanno. È vero che aspettavo un bambino, ma così era troppo! Il mio ginecologo per scrupolo mi mandò da un cardiologo, elettrocardiogramma, visita… niente, tutto benissimo. I mesi passavano e l’affanno era sempre peggio. Eppure avevo preso pochissimi chili, il mio ginecologo ancora dubbioso mi mandò da un altro cardiologo… Ancora niente, la mia gravidanza era perfetta! Arrivò aprile, il termine era per il 19, ma il mio piccolo aveva una voglia tremenda di nascere: il 4 sera cominciarono le doglie. Inizialmente pensavo a un mal di pancia, ma poi le acque si ruppero… In fretta e furia a fare la valigia che non avevo avuto voglia di preparare e via di corsa in ospedale. Il 5 mattina alle ore 9.09 il mio piccolo amore vide la luce! Il mio ginecologo, non del tutto tranquillo, tirò un sospiro di sollievo, il cuore era veramente a posto!

I primi mesi furono molto duri, non riuscivo a fare un granché e fare tre piani di scale per arrivare in casa col bimbo in braccio per me era diventata un’odissea. Ero un po’ esaurita, non riuscivo a tenere bimbo e casa, il fiatone anche dopo il parto c’era ancora. Andava meglio è vero, ma non ero a posto. Diedi colpa al mio esaurimento, alla troppa gente sempre intorno, alla poca tranquillità, ma anche questa volta capivo già da sola che c’era qualcosa che non andava!

La paura di avere qualche brutta malattia però mi deprimeva ancora di più, volevo vedere il mio meraviglioso bimbo crescere e non potevo stare male. Così stringevo i denti e andavo avanti. Fino a che non mi si gonfiarono enormemente le caviglie. Andai dal mio medico, tra l’altro cardiologo, che mi tranquillizzò: era solo colpa della panciera, bastava toglierla e tutto si sarebbe sistemato. Sapevo che non era vero, me lo sentivo, ma volli illudermi ugualmente! Le caviglie però erano sempre peggio, così tornai dal dottore. Lui quasi si arrabbiò dicendomi che dopo una gravidanza non potevo fare una vita troppo sedentaria, dovevo darmi una mossa, fare ginnastica e darmi da fare se volevo che le mie caviglie tornassero normali, altrimenti me le sarei dovute tenere così! Ma come facevo a fare ginnastica, gli chiesi, se non riuscivo neppure a fare le scale?

La sua risposta fu: “Con la buona volontà”. Io ero troppo pigra! Alla fine mi sentii pure in colpa, ero una di quelle donne che dopo un bambino si lasciavano andare, che vergogna! I giorni passavano, ma niente, io ero troppo stanca e le caviglie sempre più grosse, mio padre che conosceva bene il mio dottore lo chiamò e arrabbiandosi gli disse che sarei andata lì e di farmi immediatamente un elettrocardiogramma, anche se lui non lo riteneva necessario. Quando arrivai, con il suo sorrisino da superiore, mi fece sdraiare sul lettino e mi disse che mi avrebbe fatto quell’elettrocardiogramma giusto per accontentare mio padre, visto che era così ansioso. Non dimenticherò mai il suo volto quando in un attimo, leggendo il risultato, vidi quel suo sorrisino trasformarsi in terrore puro! Il mio cuore non era così forte come continuava ad insistere. Mi consigliò di andare direttamente al Pronto Soccorso, la situazione poteva essere veramente tragica.

Discutendo un po’ con i miei genitori e con il mio compagno riuscii a convincerli ad andare solo la mattina dopo. Quella notte mi sarebbe servita per salutare mio figlio. Non potevo lasciarlo così, aveva solo tre mesi e dovevo guardarlo un altro po’, dovevo viverlo, forse per l’ultima volta! La mattina dopo mentre il mio compagno preparava il bambino, mio padre mi portò al Pronto Soccorso. Furono molto efficienti e veloci, cominciarono immediatamente una serie tremenda di esami, ma non capirono assolutamente nulla. Avevo il cuore scompensato, il fegato a brandelli, i polmoni che ne risentivano, insomma un disastro.

Ma perché? L’unica cosa in cui erano tutti d’accordo era quella di ricoverarmi, ma dove? Per quello che avevo in che reparto mi dovevano mettere? Cambiarono idea mille volte finché non scese in Pronto Soccorso il mio futuro dottore, il mio primo angelo! Mi prese con le buone e mi disse che mi ricoverava in unità coronarica solo perché in corsia non c’era posto, mica perché stavo così male! Capii subito che era una bugia, ma gli fui grata per avermela detta, in quel momento non avevo bisogno di agitarmi, il mio cuore andava già a mille quando ero calma, figurarsi il contrario!

Rimasi in unità coronarica per sette giorni. Ero coccolata e super controllata, una cosa però mi deprimeva tantissimo, il mio bimbo quel sabato avrebbe dovuto prendere il suo primo omogeneizzato, la sua prima vera pappa e io non potevo vederlo. Quante cose mi stavo perdendo! Ma non avevo fatto i conti con le persone meravigliose che lavoravano in quella sala, tutti infatti si diedero da fare e impacchettarono perfettamente tutta la stanza, senza curarsi che i bambini non potessero entrare, oppure che gli adulti dovessero entrare uno alla volta, tutti coperti. Quel giorno era speciale, il mio bimbo doveva essere lì con me! Entrarono anche mio padre e mio marito; non finirò mai di ringraziare infermiere e dottori per quella rivoluzione.

Secondo me fu lì che mi salvarono la vita! Quando mi avvisarono che il mio bimbo era lì venne un’infermiera per farmi una puntura di calmante, ma io gli dissi di no. Non ero agitata, non c’era assolutamente bisogno. Appena vidi il mio tesoro e me lo misero in braccio, la macchina a cui ero attaccata andò in tilt, suonava a non finire, il mio cuore andava a mille! Subito l’infermiera mi fece un’iniezione e cominciai a calmarmi. Che felicità avere il mio amore tra le braccia e che emozione dargli il suo primo cucchiaino di pappa! Cose banali per altri, ma per me, in quel momento, vitali. Ringrazierò sempre i dottori e le infermiere di quel reparto, persone stupende. Ancora ricordo le parole di un’infermiera, il primo giorno in cui fui ricoverata, mi disse che loro avrebbero fatto di tutto per salvarmi, ma la forza per lottare la dovevo trovare dentro di me, perché senza quella tutto sarebbe stato inutile. Parole che ogni tanto ricordo e mi spronano ad andare avanti.

Comunque alla fine uscii dall’ospedale con un bel punto di domanda, cosa avevo? Ero ormai come mi dicevano in corsia un caso da Dott. House. Da lì andai in un altro ospedale dove capirono più o meno la mia malattia, ma purtroppo non avevano esperienza, così mi mandarono in un altro ospedale ancora dove sarebbero dovuti essere più esperti. Il ricovero lì fu un vero e proprio incubo, capirono che avevo l’ipertensione polmonare ma con poca gentilezza e parole totalmente crude mi dissero, dopo il cateterismo, che le pastiglie per me non andavano assolutamente bene e dovevano mettermi il Flolan! Quanto piansi! E poi questa ipertensione polmonare alla fine che cos’è? Nessuno ancora me lo aveva spiegato! Alla fine mio padre guardando su internet vide che a Bologna c’era un centro specializzato per questa malattia, dove curavano con pastiglie e, solo se queste non andavano bene, passavano al Flolan.

Come mai a me erano state assolutamente sconsigliate? Decidemmo di voler provare con le pastiglie, almeno provare, così i dottori, anche se non erano d’accordo, mi cominciarono a somministrare il bosentan e, poco dopo, il sildenafil.

Andavo meglio, i passi in avanti erano enormi, ma nonostante questo i dottori non cambiavano idea, era meglio se mettevo il Flolan. Ancora adesso non riesco proprio a capire la loro caparbietà! In quell’ospedale non potevo restare perché anche se stavo bene fisicamente ogni volta che andavo in visita mi distruggevano psicologicamente, così decisi di andare a Bologna. Mi ritrovai subito in un altro mondo, dottori e infermieri gentilissimi, spiegazioni ad ogni domanda, non mi sembrava vero! Mi ricoverarono tre giorni per vari esami e videro subito che dal mio primo cateterismo a quello attuale le cose erano nettamente migliorate.

Dopo più di cinque anni dall’inizio della mia odissea ora sto veramente bene, ogni sei mesi circa torno a Bologna per le visite; la mia vita non è più esattamente come prima ma sono riuscita a ritrovare un bell’equilibrio. Ora prendo tutto con più tranquillità e non con quella frenesia che da sempre mi caratterizzava! Sono felice di essere arrivata a Bologna, e sono molto positiva riguardo agli enormi passi avanti fatti nella medicina! Sono anche molto grata ad AIPI per avermi fatto conoscere una bellissima e grande famiglia a cui posso sempre chiedere aiuto nei momenti più bui, ho trovato in loro degli amici veramente speciali… Grazie a tutti perché state cercando di farmi realizzare il mio più grande sogno, quello di restare vicina a mio figlio e vederlo crescere!

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